Pagine

venerdì 23 novembre 2012

Il Titivilla (o Bosioncello)



Titivilla è uno spiritello burlone ma totalmente innocuo.
La sua specialità è mescolare le lettere dei manoscritti antichi rendendoli illeggibili.
Molti errori nei testi antichi sono il frutto di questo curioso esserino..
Nelle vecchie biblioteche è possibile ritrovarlo sotto le apparenze di un gatto nero. 
Sensibile e attento, Titivilla, non disdegna le carezze e le cure di un padrone amorevole. 
Non ho saputo stabilire con certezza quale sia l'identità reale di questo "mutaforma" (*). Talvolta è un folletto anziano e mingherlino..altre una meravigliosa ninfa con un mantello nero.
Ma chi può escludere che tutte queste non siano altre maschere?




(*) I MUTAFORMA
I "mutaforma" sono tutte quelle creature (la maggioranza) in grado di modificare il proprio aspetto al fine di mimetizzarsi. L'acuta osservazione della natura può presentare particolari sconcertanti..

Simpatica lumaca o folletto?



Tratto da:
Il Bosco Delle Fate - Marco Vuyet e Enzo Moretto


martedì 14 febbraio 2012

Be My Valentine!


Per tutti gli amanti una dolce poesia d'amore di Jaques Prévert,
Les Enfant qui s'aiment

Les enfants qui s’aiment s’embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s’aiment
Ne sont là pour personne
Et c’est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s’aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l’éblouissante clarté de leur premier amour.



Traduzione:

I ragazzi che si amano si baciano in piedi

Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore.


Ed una canzone molto carina di una catautrice italiana che si chiama Sistiana, ecco qui il video:




giovedì 9 febbraio 2012

S. Antonio, quel che rimane del mito del Dio Lug e del suo Cinghiale


La leggenda narra che il beato Antonio si trovava un giorno nei pressi della città di Barcellona, di fronte alle porte del palazzo del proposito regio. “Una scrofa, trattenendolo con le fauci”, narra Aymar Falcoz, “trascinò” un porcellino zoppo e malato che aveva appena partorito. Lo depose dinanzi ai piedi del santo con lamenti e grugniti quasi a chiedere, come poteva, aiuto e guarigione. Mentre tutti erano presenti a quanto avveniva e se ne meravigliarono, il sant’uomo di dio immediatamente operò la guarigione. Per tale miracolo fu da tutti riconosciuto e fu accompagnato presso il re gravemente ammalato cui, con l’aiuto di dio, restituì la salute. Perciò gli abitanti di quella regione intesero rappresentare per immagine il ricordo dell’impresa di quel santo padre e aggiunsero ai piedi di questi un maiale.
Questa è soltanto una delle tante versioni della leggenda, un’altra, ad esempio, narra che il maialino lo seguì per tutta la vita diventando il suo inseparabile compagno. In seguito gli si attribuì il patronato sui maiali e per estensione a tutti gli animali domestici.
                                                      
Sant’Antonio Abate è realmente vissuto in Egitto tra il 250 e il 356, (come ci dimostra anche  la sua lettera autentica, che ci è pervenuta, indirizzata all’abate Teodoro e ai suoi monaci), e pare sia morto effettivamente il 17 gennaio, e questo spiegherebbe la sua collocazione calendariale.


Così Sant’Antonio ha assunto a poco a poco le funzioni di divinità pagane. È sempre successo che i convertiti trasferissero, all’interno della nuova fede, usanze e riti della precedente, per non perdere la loro l’identità.

Infatti ancor oggi il 17 gennaio si benedicono gli animali domestici sul sagrato delle chiese dedicate al santo.
Si offrivano i prodotti della terra al sacerdote che a sua volta distribuiva immagini di sant’Antonio da appendersi come amuleti nelle stalle.
Sant’Antonio è considerato anche il guaritore dell’herpes zoster, ovvero il così detto “Fuoco di Sant’Antonio”. Gli agiografi cristiani collegano a questa funzione l’usanza di incendiare, nella notte che precede la festa, grandi cataste di legna, dette “falò di sant’Antonio”, le cui ceneri sono considerate amuleti. In questo contesto il fuoco ha una funzione purificatrice, brucia ciò che resta del vecchio anno, compresi i mali e le malattie.
Ma la spiegazione popolare è un’altra, legata alla leggenda: Sant’Antonio sarebbe il padrone del fuoco, compresa quella sensazione di bruciore dell’herpes zoster, e addirittura avrebbe funzione di custode dell’inferno: ingannerebbe i diavoli sottraendo loro alcune anime non meritevoli delle fiamme eterne.
Narra una leggenda del Nuorese che una volta nel mondo non c’era fuoco e si soffriva il freddo. Alcuni uomini chiesero aiuto a Antonio, che viveva nel deserto della Tebaide, affinché gli procurasse del fuoco. L’eremita andò a bussare, con il suo maialino, alle porte dell’inferno. Quando i diavoli lo videro si spaventarono perché conoscevano i suoi poteri, e lo respinsero ma mentre stavano per chiudere la porta, entrò il maialino, che si mise a scorrazzare sconvolgendo la vita dei diavoli. Per risolvere il problema, pregarono sant’Antonio affinché ritornasse all’inferno per riprendersi la bestiaccia. Il santo scese nel regno dei diavoli con l’inseparabile bastone a forma di Tau. Durante la risalita, fece prendere fuoco al bastone, e così appena giunto sulla terra poté accendere una catasta di legna per gli uomini e donargli così il fuoco. Da allora il fuoco ha riscaldato l’umanità.
Sant’Antonio è un santo con moltepilci aspetti ed è ancora molto caro a tutti i fedeli cristiani come protettore degli animali, custode dell’inferno, portatore del fuoco (ovvero della vita agli uomini).

Maestro dell'osservanza, S. Antonio Abate,
1425, Musèe du Louvre, Parigi
Tutte queste storie, collegate ai santi dei primi secoli, celano un nucleo precristiano.
Si è tuttavia osservato che il maialino in origine era un cinghiale, in un quadro custodito alla National Gallery di Londra, il Pisanello raffigurò l’eremita con un cinghiale.
Il cinghiale era l’attributo di un dio celtico rappresentato come un giovane che porta in braccio l’animale. Secondo Margarethe Riemschneider1, studiosa tedesca, questo dio-cinghiale era il simbolo di Lug, rappresentato anche come dio-cervo e dio del gioco. 

La Madonna tra Sant'Antonio Abate e San Giorgio,
Pisanello, 1445, National Gallery, Londra

Lug era colui che risorgeva assicurando la resurrezione dell’uomo e, ogni anno, il ritorno della primavera, della “luce”: dunque garante di fecondità e di nuova vita. Era figlio della Grande Madre celtica cui erano consacrati i cinghiali e i maiali, come alla romana Cerere.

I celti lo onoravano al punto di mettere una statuetta di cinghiale sull’elmo e di raffigurarli sugli stendardi. Spalmavano addirittura sui capelli, che portavano corti, una densa poltiglia di gesso perché diventassero rigidi e assomigliassero alla cotenna dell’animale, come testimonia il Galata morente del Museo Capitolino a Roma.
In molte leggende dell’area celtica si narrava la caccia al cinghiale immortale attuata per impadronirsi di un pettine e di una forbice posti fra le sue orecchie: allegoria della comunione, in forma di cosmesi, con il dio Lug, simboleggiata appunto dai capelli impomatati come setole. Gli stessi sacerdoti druidi erano chiamati “Grandi Cinghiali Bianchi”. Anche nel Medioevo  il cinghiale restava a tutti gli effetti un animale divino, correva voce infatti che tutti i re della stirpe merovingia avessero la spina dorsale coperta di setole al pari dei cinghiali, e Teofane2  riferisce che avevano il soprannome di “schiena-pelosa” o di “setolosi”.


Dio Lug rappresentato
con il cinghiale
Cinghiali da elmo celtici
I Celti convertiti hanno probabilmente trasferito gli attributi di Lug su sant’Antonio, le cui reliquie furono portate dai crociati nella città di Arles, proprio nelle loro terre, in Francia.
In seguito il cinghiale fu ingentilito e sostituito con il maialino, per estirpare il ricordo dell’antica religione precristiana. Giustificarono il maialino con due leggende: la prima narra che il maialino era il diavolo sconfitto dall’eremita e costretto a seguirlo sottomesso, la seconda è quella citata all’inizio del post.

Inoltre la campanella antoniana, che il santo porta con sé nell’iconografia tradizionale è il simbolo della morte e della resurrezione, anticamente simbolo del ventre materno, connessa alla Grande Madre.
S. Antonio raffigurato con la celebre
campanella della resurrezione
Lug, dio della morte e della resurrezione, regnava sugli inferi con questa funzione; nel processo di cristianizzazione, sant’Antonio assunse anche quella di custode dell’inferno, divenne perciò colui che poteva salvare le anime destinate alla dannazione, e quindi “padrone del fuoco”.

Solo seguendo questo itinerario sotterraneo fra religiosità pagana e cristianità medioevale si può spiegare l’enorme e, a prima vista, incomprensibile popolarità in occidente dell’anacoreta egiziano e della sua festa in cui, si portano a benedire gli animali domestici per scongiurarne le malattie e favorirne la fecondità.
In questa cerimonia l’eco delle lustrazioni antiche è chiaramente percepibile, di conseguenza la memoria dell’eremita svanisce in una fusione di riti, alcuni romani, altri di origine celtica, che hanno la funzione di favorire l’avvento della primavera.
                                                                        




Note:

Margarethe Riemschneider: studiosa tedesca della cultura celtica in Europa

Teofane: detto Confessore o Isauro (Costantinopoli, 758  Samotracia 817 o 818) è stato uno storico bizantino.





Riferimenti bibliografici:

Alfredo Cattabiani - Calendario: le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno


Fonte: http://www.cavernacosmica.com/i-misteri-di-s-antonio/