Pagine

sabato 29 gennaio 2011

I Giorni della Merla

Ed eccoci arrivati nei cosiddetti Giorni della Merla.. 
Differenti sono le leggende su questi giorni, che variano da regione a regione ma anche da provincia a provincia, ma tutti concordano sul fatto che siano i tre giorni più freddi dell'anno..

Ma perchè proprio Giorni della Merla? 
Tutte le leggende parlano di una Merla che per ripararsi dal freddo si ripara al caldo di un camino, ecco perchè si chiamano così.. vi riposto ora la versione milanese della storia, la mia preferita:

"Gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti.....
Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante.Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po’ di tepore.Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine.Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola."

Questa è la versione "più dolce e romantica", almeno secondo il mio parere.
Vi riporto inoltre per ragioni di completezza le altre versioni:

Seconda versione:

I tre giorni della merla sono una tradizione che viene da lontano e che vuole che siano i tre giorni più freddi dell'inverno.
Tanto freddi che una merla, che allora aveva le piume bianche, intirizzita, ma al tempo stesso preoccupata per i suoi figlioletti, non trovò di meglio che andare a posarsi su un camino. Ci stette tre giorni, perché il gelo impediva persino di volare. Poi arrivò fortunatamente febbraio. Pallido fin che si vuole ma il sole riuscì a ridare vita e speranza. Merla e figlioletti poterono stirarsi, riaprire le ali e volare. I tre giorni sul camino però avevano prodotto una profonda trasformazione nel piumaggio, divenuto nero per la fuliggine, nero senza rimedio.
Da allora i merli nacquero tutti neri.

Terza versione:

Una volta i merli erano bianchi.
Un giorno per il troppo freddo uno entrò in un camino per scaldarsi e ne uscì dopo tre giorni tutto nero per la fuliggine. Due merli dalle candide piume, maschio e femmina , si ripararono per il freddo in un camino. Non avendo nulla da mangiare il maschio decise di uscire per cercare qualcosa. Dopo tre giorni tornò e trovando un uccello nero come il carbone, non riconobbe la sua merla e tornò indietro per cercarla. La merla, annerita per la fuliggine, nel frattempo morì di fame.

Quarta versione:

Il merlo e la merla si sposano alla fine di gennaio, al paese della sposa, oltre il Po. Dovrebbero riattraversarlo per tornare nella loro casa, ma si è fatto tardi e si fermano per due giorni presso dei parenti. La temperatura si abbassa molto. Merlo è costretto ad attraversare il Po ghiacciato, ma muore. Merla piange ed il suo lamento si sente ancora lungo il Po, nelle notti di fine gennaio.

Quinta versione:

Secondo la tradizione popolare gli ultimi tre giorni di gennaio coincidono con i tre giorni più freddi dell'inverno.
Tanto che perfino la Merla, che un tempo aveva il piumaggio bianco, per riscaldarsi andò a ripararsi in un camino.
Il suo manto divenne grigio per la fuliggine e da allora rimase di tale colore.



Felici e freddi giorni della Merla a tutti!

venerdì 21 gennaio 2011

Il corpo luminoso ed alcune considerazioni sulla morte

Secondo tutte le religioni il corpo fisico convive con un’energia spirituale, questo nella religione pagana viene chiamato corpo luminoso. L'esistenza di questo corpo nasce dalle teologie delle grandi religioni come la Egizia, l'Assiro-Babilonese, l'Induista, lo Jainismo ed il grande sciamanesimo fondamento della conoscenza religiosa dai primordi fino ad oggi.
Gli induisti già 5000 anni fa lo chiamavano Corpo Diamante-Folgore mentre gli alchimisti lo chiamano Corpo di Gloria, viene chiamato anche Aura nelle filosofie orientale e nel cristianesimo, infatti è facile vedere un'aura dipinta intorno agli Angeli, a Cristo e alla Sacra Famiglia. E’ inoltre associato al concetto di anima, naturalmente privata di ogni riferimento al peccato, ma inteso come energia divina che permette la vita dell’individuo.
La sapienza antica rivela che il nostro organismo emana energia e che una persona o un essere dopo la sua morte lascia un'impronta indelebile di questa.
A causa di un recente lutto ho fatto alcune riflessioni sulle energie che governano la vita e la sua fine e sono arrivata alle conclusioni che vorrei esporvi:
La morte non deve spaventare perché è nostra sorella, lei nasce cresce e cessa di essere con noi, è sorella e compagna della vita. È una parte essenziale per l’esistenza perché senza morte non ci sarebbe vita.
Per il pensiero del cosa c’è dopo, le energie che conteniamo e che ci permettono di vivere non possono perdersi nel nulla, sparire per sempre, lo afferma anche il primo principio della termodinamica, l’energia non si crea né si distrugge, si trasforma, ed è proprio questo che penso che faccia, si riorganizza in altre forme per dare vita a nuovi essere viventi o nutrire in parte quelli già in vita.
Questo potrebbe spiegare diversi fenomeni come i cosiddetti poltergeist, il fenomeno della reincarnazione, le percezioni di spettri e fantasmi ed altri fenomeni simili, ma non voglio dilungarmi su questo argomento.
Ho sempre considerato gli animali molto più spirituali delle persone e sono convinta che abbiano perfettamente chiaro questo concetto.
Quando un animale è in punto di morte e se ne rende conto, non combatte per un involucro fisico vuoto che ormai non lo rappresenta e non lo vuole più, si mette in disparte ed aspetta che le sue energie vitali fluiscano fuori e che si concentrino da un’altra parte.
La maggior parte degli uomini (soprattutto fedeli alle grandi religioni monoteiste) invece non riesce ad affrontare così serenamente questo stato di passaggio e di mutazione, è pervaso dalla paura, dalle domande poiché queste religioni proiettano la vita nell’ignoto della morte sin dalla nascita. In queste religioni si vive per morire, non si vive per vivere. La morte viene vista con paura anche perché il dio non è buono e misericordioso ma iracondo e giudice che punisce i cattivi e premia gli umili ed i buoni.
Io non condivido questa visione, non vedo possibile il ristagno per l’eternità di milioni di anime in un luogo dello spazio-tempo indefinito, così ci sarebbe solo dissipamento di queste energie e non conservazione.


Aggiungo anche questa canzone, molto sottovalutata che chiama la morte sorella:




Questi sono i miei pensieri e le mie considerazioni sulla morte, buona lettura.



lunedì 3 gennaio 2011

I sentimenti degli animali


Questo post è una raccolta di 3 articoli trovati sulla rete a proposito dei sentimenti dei nostri amici a quattro zampe e delle loro speciali capacità, con qualche frase e suggerimento in più.
Spero vi possano interessare:

E’ confermato, i cani sentono le emozioni degli uomini

Passano gli anni e poi i secoli, ma gli antichi detti, la famosa saggezza popolare non si sbaglia mai e, alla fine, persino studi approfonditi lo dimostrano. Da sempre, infatti, si ritiene che i cani siano i migliori amici dell’uomo, confidenti silenziosi che possono comprenderne sensazioni ed emozioni e, a quanto pare, adesso ne arriva anche la certezza. La specie canina, infatti, sarebbe in grado di riconoscere una persona felice da una triste e distinguere il riso dal pianto, prima a livello profondo e poi anche a livello visivo. Lo conferma un gruppo di scienziati neozelandesi, che ha portato a termine una ricerca grazie al fondamentale apporto di un docente dell’Università dell’Otago.
Secondo i risultati ottenuti, quindi, non ci sarebbero dubbi: loro riuscirebbero a capirci forse meglio di un altro essere umano. Le prove sono state eseguite, facendo ascoltare ai cani, immagini registrate di neonati che ridono, piangono o farfugliano e, aggiungendo delle istruzioni verbali con espressioni cordiali o severe, si otteneva una diversa reazione degli amici a quattro zampe.
Tra l’altro anche i gatti sarebbero in grado di comprendere molti sentimenti e sensazioni provati da altri esseri viventi, nelle scorse settimane, infatti, altre ricerche hanno portato gli esperti alla conclusione che riescono a capire quando una persona sta veramente male e sta per morire, ben prima di medici ed infermieri. A tal proposito, sarebbero persino bravi ad assumere un atteggiamento triste ma consolatorio, quasi di comprensione. Vi consiglio su questo argomento il libro "Le fusa di Oscar. Certi gatti hanno poteri straordinari" di Dosa Devid che parla di un gatto, appunto Oscar, che è in grado di annunciare la morte dei pazienti della clinica dove vive e consola i malati ed i familiari con le proprie fusa, da una storia vera.
L’intelligenza animale è ancora dunque troppo sottovalutata e, chissà quanto ancora gli uomini che si credono superiori, ma a volte mancano di attenzioni e sensibilità, avranno da scoprire su questi piccoli amici sempre presenti nella loro vita. Un rapporto speciale, soprattutto quello con cani e gatti che, infatti, sono “adottati” dalla gran parte delle famiglie e, in molti casi, diventano in tutto e per tutto parte integrante del gruppo.



Gli animali sentono le emozioni del padrone

Che gli animali e, soprattutto, gli amici a quattro zampe, siano in grado di possedere una sensibilità molto forte e totalmente differente da quella umana, è ormai un dato di fatto da parecchio tempo. Cani e gatti, da sempre, più vicini alle persone e abituati a vivere in casa, capiscono immediatamente se nel nucleo familiare qualcuno è triste o è felice, se soffre o si sente smarrito e sono in grado di immedesimarsi perfettamente. Riesce perfino a commuovere la loro vicinanza e l’affetto che sono in grado di dare a chi non è al massimo delle proprie energie e, per tal motivo, sono davvero dei compagni super fedeli.
Allo stesso modo, non di rado riflettono i problemi emozionali e fisici di tutta la famiglia, acquisendone persino atteggiamenti e abitudini. Qualche volta, infatti, quando si osserva un pet e chi lo accudisce, si ha l’impressione che siano simili. Studia americani recenti, hanno portato all’attenzione della scienza diversi casi peculiari, come quello di un uomo che soffriva di problemi alla cartilagine delle ginocchia e, poco tempo dopo, il disturbo ha iniziato a colpire pure il suo cane. E’ pure capitato che, un animale a quattro zampe, nonostante le cure e tutte le attenzioni del caso, non si riprenda mai del tutto, se non guarisce il padrone, proprio per via della sua grande sensibilità verso le sensazioni di chi lo cura e lo coccola. Gli uomini non sono così profondi, possono rimanere tristi in un angolo se il proprio cane sta male, ma non assimilano le sensazioni del pet fino a provare gli stessi sintomi.
Ci sono state addirittura volte in cui un veterinario si è accorto che un animale presentava un problema e, solo per caso, successivamente, ad una normale visita di controllo, anche il padrone presentava il medesimo disagio. Per questo si fa sempre più strada la possibilità che, quando non ci si trova di fronte a disturbi di una certa rilevanza, possano essere trattati insieme con rimedi naturali non invasivi ma in grado di ristabilire piano piano la situazione.



Ma i cani ridono?

Tutti i cani ridono, 
vale a dire che la loro faccia assume un'espressione serena e rilassata,
 con le orecchie abbassate, gli occhi socchiusi, 
le labbra morbide e semiaperte ed il mento in alto. 
Questo è il sorriso di un cane.
Elisabeth Marshall Thomas

Sappiamo con certezza e siamo in grado di riconoscere quando i nostri cani sono felici, tristi o spaventati. Riguardo al ridere, invece, l’argomento è ancora piuttosto dibattuto. E lo è da molti anni ormai. Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione, affrontò la questione nel suo libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, pubblicato nel 1872.
Nel testo darwiniano si osserva che il labbro superiore durante l’atto del sorriso nel cane appare ritratto, come se stesse ringhiando, di modo che i canini siano esposti, benché l’aspetto generale dell’animale mostri chiaramente che in quel momento non è affatto arrabbiato.
In molti ricollegano questa sorta di ringhio pacifico ad un sorriso, ma lo stesso Darwin affermò che non esisteva nessuna sicurezza a riguardo tale da poter affermare che, anche i cani, come noi, ridono.
C’è sempre il rischio di antropomorfizzare le emozioni degli animali, affibbiando ai nostri "quattrozampe" caratteristiche umane. Per esempio, e di questo ne abbiamo già parlato, è un errore presumere che l’aria colpevole del nostro cane sia dovuta a qualche misfatto, come aver rovesciato e rotto un vaso o fatto qualche altro disastro. Quando lo osserviamo con quegli occhioni spalancati e timorosi pensiamo subito che ne abbia fatta una delle sue e ci stia nascondendo qualcosa, dimenticando sempre che il senso di colpa non appartiene al cane più di quanto la fedeltà non appartenga all’uomo.
In realtà il cane si comporta così quando vede che noi siamo nervosi ed arrabbiati e la sua reazione furtiva altro non è che un rifuggire dalle nostra ira, dopo aver percepito tensione.
Tornando alla risata, abbandoniamo Darwin per uno studio molto più recente, effettuato da un ricercatore del Nevada, che è convinto di poter dimostrare che i cani intenti nel gioco ridono in qualche modo. I suoi risultati sono stati presentati la scorsa estate nel corso di un meeting dell’Animal Behavior Society. Patricia Simonet, questo il nome della ricercatrice, insieme ad un team di suoi colleghi, ha registrato i suoni emessi da un campione di cani mentre giocavano al parco, utilizzando microfoni parabolici per sentire anche a distanza.
Le registrazioni dei respiri trafelati del cane intento al gioco sono state poi analizzate e riascoltate, osservando che, quando recuperava una pallina, ad esempio, ed era eccitato dal gioco, l’ansimo era diverso dal semplice respiro trafilato ed affaticato. Sfumature che, per i ricercatori, possono voler dire che il cane sorrida attraverso un respiro 
diverso.

Buon anno a tutti!


Auguro un felice 2011 a tutti i miei lettori!
Che il nuovo anno porti tante soddisfazioni
e la realizzazione dei propri obiettivi e sogni!



Con affetto, 
Crystal Lily